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Conosci te stesso: entro e oltre i limiti

Conosci te stesso – ora più che mai le possibilità di muoversi in questa direzione sembrano numerose. I limiti di questa ampia disponibilità emergono man mano che ci si addentra in questo mondo: se stessi.

Alcuni di questi limiti:

  • Non essere autosufficienti. Dobbiamo appoggiarci a chi è venuto prima di noi.
  • Utilizzare strumenti. I medesimi predecessori hanno lasciato del materiale. E questo materiale non è la nostra esperienza diretta.
  • La vita procede comunque così com’è. Possiamo vivere la nostra vita dall’inizio alla fine senza che ci sfiori nemmeno l’idea di conoscerci – e potremmo comunque adornarci di successi o gustarci dei piaceri.

È evidente come in realtà questi limiti rappresentino delle preziosissime possibilità. Diventano limiti nel momento in cui un’informazione diventa più rilevante di un’esperienza personale, quando cioè per fedeltà a ciò che abbiamo studiato e faticosamente acquisito non siamo disposti ad andare oltre.

Ammesso di considerarci in un qualche cammino, tutto quanto sopra è valido se non ci lasciamo incantare dalla convinzione di fondo di conoscerci già abbastanza. In realtà, per quanto ci piaccia definirci in divenire, potremmo essere fermi. E questa immobilità si illumina non appena portiamo alla consapevolezza tutte quelle cose che astutamente evitiamo, ma che già da tempo una forma di intuizione ci porta a sospettare che potrebbero rappresentare il reale passo successivo.

Con il passare del tempo, trovo che nel conosci te stesso siano implicate una lunga serie di scomodità. D’altro canto ciò che è comodo richiede scarso impiego energetico. Quant’è scomoda la paura dell’ignoto? Da questo punto di vista possono essere comode anche relazioni insoddisfacenti o un mestiere non adeguato a noi. Da qui nasce il senso dello sforzo: uscire da una comodità. Ma lo sforzo può trasformarsi in una tortura autoinflitta: purtroppo lo sforzo potrebbe portare a risultati peggiori di quelli di partenza. Nella mia vita ne posso annoverare una serie. Beninteso, nessuno sforzo errato è mai veramente sprecato se si può imparare una lezione.

Mi rifaccio alla bellissima etimologia della parola errare, la quale sta per andare, vagare. Un po’ mi rincuora sapere che duemila anni fu raccontato di un pastore che mollò lì un intero gregge per recuperare una pecora smarrita.

Dal vangelo di Tommaso (107)

Gesù disse, “Il regno è come un pastore che aveva cento pecore. Una di loro, la più grande, si smarrì. Lui lasciò le altre novantanove e la cercò fino a trovarla. Dopo aver faticato tanto le disse, ‘Mi sei più cara tu di tutte le altre novantanove’”.

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